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Chi curare? Come risponde la Bioetica nel tempo del Covid

Giorni or sono un mio alunno (futuro medico) parlando dell’emergenza Covid mi ha chiesto: «Prof, ma se mi trovassi come medico, in questa emergenza, davanti due persone, un uomo e una donna, di cui un settantenne e una quarantenne sposata con figli, chi dovrei salvare per prima? Chi dei due meriterebbe il ricovero in terapia intensiva? Esiste un criterio con cui il medico possa decidere?».

Prima della mia risposta, i suoi compagni di classe hanno cominciato a condividere le loro riflessioni: «Prof, io avrei salvato per prima la vita della donna, perché più giovane e madre di figli (alla fine, prof, l’uomo di 70 anni la sua vita l’ha vissuta)», «No prof, io avrei salvato prima quella del settantenne, ho pensato a mio nonno, per un nipote avere il nonno è importante».

Dare una risposta immediata non è facile; nel farlo, si rischierebbe di far diventare la bioetica un vademecum di risposte a tutte le soluzioni, ma è invece importante discutere e mettere in luce le varie posizioni che potranno permetterci di arrivare ad una possibile soluzione della questione.

Innanzitutto va subito precisato che il compito di un medico è e sarà sempre quello di salvare il maggior numero possibile di vite, ma la domanda di fondo è: quale vita da salvare deve scegliere? Il documento Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, della SIAARTI, (Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva) indica alcune linee per aiutare i medici a prendere delle decisioni:

  1. porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva;
  2. discutere il prima possibile con i pazienti i criteri di accesso alla terapia intensiva;
  3. creare una una lista d’attesa.

Il testo letto ha creato ad alcuni un po’ di malumori, altri invece lo hanno trovato giusto. Diversi gli interrogativi che scaturiscono: su quali basi si sono scelti questi criteri? Si può porre un limite di età per il ricovero? La lista di attesa come funzionerebbe? I familiari dei pazienti senza una giusta consulenza bioetica come possono orientarsi per il bene del loro caro?

Alcuni teologi moralisti hanno messo in evidenza il first come, first served (tutti in coda, secondo l’ordine di arrivo) come principio di giustizia universale che regola tutti i rapporti umani, e questo per impedire la prepotenza e gli abusi. Il medico chiamato, con coscienza e scienza farà la sua scelta, difficile, ma la dovrà fare. Certamente, non soltanto affidandosi a un criterio statistico o a una linea guida generale, ma attuando dei criteri prudenziali, ovvero il buonsenso. Aristotele parlava della gnome, ovvero quel giudizio di coscienza per cui in situazioni straordinarie ci si comporta secondo criteri straordinari: criterio straordinario che non contraddice il criterio ordinario, ma lo supera. In teologia morale si è sempre evidenziato che in extremis extrema sunt tentanda, che può essere tradotto così: nei casi estremi si deve salvare il salvabile. È eticamente ragionevole dare la precedenza sempre a coloro che possono beneficiare di più e in numero maggiore (ad esempio i tempi più brevi di occupazione del posto in terapia intensiva).

Se rileggiamo attentamente il documento della SIAARTI, non si vuole mettere in discussione il valore della vita, né si vuole discriminare una vita per un’altra, ma in queste condizioni eccezionali, è importante curare la vita in modo che sia il più accettabile e durevole possibile, cercando di salvare il numero più elevato di persone. Per trovare una soluzione al quesito posto dal mio alunno, è importante un ragionamento bioetico, in cui bisogna distinguere il problema morale da quello tecnico. Per arrivare a tali decisioni, il medico non dovrà essere da solo, ma potrà avvalersi dell’aiuto di un esperto in bioetica, per la salvaguardia della vita del paziente stesso e per aiutare i familiari.

Il medico, come l’infermiere, trovandosi in casi del genere, dovranno necessariamente decidere responsabilmente, sia con una preparazione scientifica, ma anche etica, e con una coscienza moralmente guidata che faccia prendere delle decisioni in maniera proporzionale. Il tutto verrebbe facilitato anche da strutture sanitarie ben organizzate che possano permettere di aiutare il paziente e allo stesso tempo i medici e gli infermieri nel prendere queste decisioni, rispettando la dignità della persona e garantendo la ricerca di un giusto criterio di intervento.

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