skip to Main Content

Sì vax, no vax… questo è il problema!


Accolgo l’invito di chi mi ha chiesto di esprimermi in merito ad una questione per la quale la noia mi avvolge. Sarò asciutto nella mia esposizione perché già esposizioni pasciute hanno riempito le tavole lucullianamente. Una lavanda gastrica potrebbe essere salutare.

Parto da questa considerazione: io non mi occupo di fatti, io mi occupo di studiare il discorso morale sui fatti. E questo mi consente di andare al cuore della questione, sicuro che tutto il resto è stato già detto.

Nessuno si colloca dentro un discorso morale di un fatto se non individua delle caratteristiche moralmente rilevanti ovvero delle ragioni pro o contro la formulazione di un certo giudizio morale. Tali ragioni non sono ragioni qualunque, ma ragioni che evocano uno o più principi: stanti questi principi, ecco che ci sono ragioni e queste costituiscono i soli elementi moralmente rilevanti. Questa scatola cinese deve esser ben maneggiata da chi pronuncia (il verbo usato non è a caso) una valutazione. Pronunciare un giudizio a motivo di fatti moralmente rilevanti implica uno o più principi di base. Da questo pronunciamento si svelano i principi interessati e anche il loro grado di restrizione in riferimento alla loro forma e contenuto.

Vorrei precisare che non sto facendo la solita manfrina sui principi morali come se già ne conoscessi il contenuto per via intuitiva o rivelativa (se lo facessi, avrei altri problemi da risolvere), ma sto ponendo una tesi logica (nel senso formale che mi permette di presentare un contenitore e non un contenuto) che è la seguente:

Quando discettiamo riguardo al fatto se è giusto o ingiusto una determinata cosa (nella fattispecie se vaccinarsi o no), se vogliamo essere sicuri di fare un discorso morale, dobbiamo sapere che ci stiamo domandando se lodare o condannare l’una o l’altra azione che si traduce nel prescriverla (se viene pronunciata una lode) o nel non prescriverla (se viene pronunciata una condanna). E nulla si può prescrivere se e solo se non siamo disposti a fare noi quello che diciamo di fare agli altri.

 Da questa tesi logica (da questo contenitore pronto a ricevere qualsiasi contenuto) scaturisce la domanda cruciale:

  • siamo disposti a prescrivere universalmente (l’universalizzabilità è imprescindibile se vogliamo evitare di piombare in un’etica della situazione e rimanere saldi in un’etica nella situazione) che di fronte ad una pandemia possiamo fare a meno di uno tra i più importanti presidi sanitari come un vaccino messo a disposizione dalla comunità scientifica alla comunità tutta, fosse pure ancora non perfetto ma l’unico attualmente disponibile?

Questa domanda cruciale innesca una serie di dubbi su quelle che invece sono spacciate come sicuri vessilli dei vari fronti che si fanno la guerra: cosa c’entra l’autodeterminazione terapeutica garantita dalla Costituzione se quest’ultima riguarda solo l’individuo e non gli altri che vivono accanto a lui? Cosa c’entra la libertà quando potremmo rischiare di perdere anche questa perdendo la propria e l’altrui vita?

A questi dubbi si può obiettare in un solo modo ovvero che i no vax credono di non potersi mai trovare in una situazione denunciata dai sostenitori della vaccinazione per tutti oppure che tanto, finché si parla solo di ipotesi, non ci importa nulla della coerenza logica del seguente tipo: e se ci trovassimo noi al posto di quelli che, pur vaccinandosi, sono costretti a convivere con coloro che si ostinano a non vaccinarsi per la sola ragione che preferiscono o morire di covid o di altro ma non certo per il vaccino, continueremmo a pensarla alla stessa maniera?

Suppongo che se ci concentriamo sul desiderio di tutti di uscire da questa pandemia una volta per tutte (chi non ha questo desiderio non rientra tra i miei interlocutori) e su altri fatti che sono i dati attuali che ci dicono che il numero di coloro che muoiono di covid non sono vaccinati e che questo numero è superiore nettamente rispetto al numero di coloro che muoiono di vaccino (non c’è neanche da fare un soppesamento di queste conseguenze ma lo facciamo lo stesso), allora coloro che sono disposti a prescrivere la loro ‘posizione no vax’, credo che lo potrebbero fare solo perché sono convinti che mai succederà a loro di morire di covid. Ebbene, ecco che la prescrizione pronunciata è manchevole del primo dei requisiti fondamentali del ragionamento morale che è la sincerità che corrisponde all’assunzione dei fatti e tra questi fatti vi sono anche quei desideri estendibili a qualsiasi essere umano che ci sta con la testa (escludo i sadici, i masochisti, gli psicotici, gli sociopatici, ecc… ecc…). Questa disonestà influenza il resto dei requisiti che sono la capacità di immaginare anche in più mondi possibili una inversione delle posizioni (da carnefice a vittima); la capacità di immedesimarsi nella sofferenza degli altri con la medesima intensità; l’atteggiamento imparziale come unico e vero punto di vista dell’essere morale.

Allora, quando in una qualsiasi situazione rileviamo elementi moralmente importanti, significa che stiamo assumendo dei principi che in quanto tali, se vogliono rimanere tali e non semplici opinioni pour parler, sono prescrittivi (sto parlando di logica del linguaggio morale e non di personali convinzioni morali) e lo sono sempre universalmente cioè ci obbligano ad essere coerenti in tutte le situazioni simili. Diversamente o siamo amorali o ipocriti, sinceramente non sinceri. La capacità di mettersi nei panni delle vittime poi fa il resto nel senso che – ed ecco la conclusione – se si vuole essere sinceri e imparziali non si può continuare ad essere no vax, perché non possiamo desiderare (quindi non possiamo prescrivere) che il più forte dei desideri tra persone ragionevoli (uscire dalla pandemia facendo di tutto nel possibile a noi concesso come esseri umani e non come Dio che sa prevedere ogni risultato dalle infinite combinazioni di scelte) sia subordinato a desideri di altro genere, ora l’autodeterminazione ora la libertà ora la situazione vantaggiosa di non essere al momento vittime, ecc.…

Comprendere che cosa implica pronunciare un giudizio significa (ecco cosa vuol dire sapere se vi è un accordo tra parlanti sul piano del discorso morale che è l’unica possibilità di disaccordo vero e non apparente sulle questioni etiche) in termini logici comprendere se siamo in grado di impegnarci universalmente a fare quello che pronunciamo.

Tutto il resto, come recita il testo di una famosa canzone, è noia.

Pietro Cognato

Vicepresidente Istituto di Studi Bioetici "S. Privitera"
Direttore Responsabile Rivista Bio-ethos
Docente di Teologia Morale e Bioetica - Pontificia Facoltà Teologica "San Giovanni Evangelista"

Back To Top
No announcement available or all announcement expired.
Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento, anche di “terze parti”. Chiudendo il messaggio o navigando regolarmente dai il tuo consenso. Per conoscerne il funzionamento e bloccarli è possibile visualizzare l'informativa estesa cliccando sul link di seguito
Informativa sui cookies
Ok