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Ethic pass: Lontano dagli occhi (per vedere la realtà) lontano dal cuore (dell’etica)

In questo mondo reale in cui viviamo e proprio in questa precisa realtà in cui dobbiamo vivere (green pass sì, green pass no) dobbiamo comprendere che, anche quando si è costretti ad essere pratici, pur rinunciando apparentemente alla pretesa di coprire l’intero campo della moralità, non si sta abdicando all’etica. Esiste, cioè, una parte, quella degli ideali, che non sempre è perfettamente assorbibile da un’altra parte che ruota attorno all’utilità. Preciso: ‘non sempre perfettamente assorbibile’ non significa ‘per niente componibile’. Quando si tratta di fare i conti con la realtà, soprattutto quando siamo sottoposti ad una situazione di emergenza o di urgenza come questa che stiamo vivendo, ritornare a riflettere su cosa intendiamo con il termine ‘morale’ non guasta. Anzi: è nell’impatto con la concretezza che la teoria ci ritorna meno fumosa. La teoria, quella che nella quiete della frequentazione dei libri ci sembrava questione di lana caprina, nell’oggi che stiamo vivendo ci può far esclamare: «Ah ecco! Ora è tutto chiaro!» Cos’è che ci ritorna chiaro? Ci ritorna chiaro che per ‘morale’ si intendono sempre due cose: a) quello che riguarda le altre persone; b) quello che riguarda se stessi.

Distinte queste due accezioni (non stiamo separando nulla), ora siamo nelle condizioni di vedere, e di vedere bene, quello che succede tutte le volte in una situazione come quella nella quale si discute se rendere il vaccino obbligatorio oppure no gli animi si riscaldano e i dibattiti si moltiplicano: succede che esiste un contrasto tra gli interessi per le altre persone e gli ideali propri, che possiamo tradurre in un esempio che oggi ci sembra molto ma molto familiare: la libertà di non vaccinarsi e di non essere discriminati perché sprovvisti di green pass oppure la sicurezza e l’incolumità personale e sociale? È un vero e proprio tormentone che ci trasforma tutti in spettatori di una discussione accesa tra due figure che per lo più si impongono e che mettono tutti gli altri profili in secondo piano: da una parte il fanatico, dall’altra il ponderato.

Il primo è tale perché i suoi ideali resistono ai fatti, il secondo si caratterizza per una considerazione a tutto tondo dei fatti. Il primo – il fanatico – non lo è a motivo dei suoi ideali, ovvero non sono gli ideali che lo rendono fanatico, ma la sola considerazione di questi senza aver fatto i conti con i fatti; il secondo – il ponderato – sarebbe pure d’accordo con gli ideali del fanatico, se quest’ultimo riuscisse a capire che il miglior ideale in un conflitto tra l’ideale e l’interesse delle altre persone sarebbe quello di vedere in questo interesse (quello della maggior parte delle persone) il vero ideale!

Questo per dire che con un modo di procedere per avvicinamento a quello che si intende per ‘morale’ noi pian piano identifichiamo il bandolo della matassa consistente nella capacità – in una situazione di questo tipo – di includere gli interessi degli altri nei propri ideali. Non è, dunque, il conflitto tra ideali che ci deve attrarre, perché è un conflitto che non ha luogo, ma ciò che deve attrarre la nostra attenzione e deve attivare la nostra capacità di soluzione è il conflitto tra ideali e interessi.

Questo è il vero e unico conflitto!

Il ragionamento morale deve concentrarsi su come conciliare interessi contrastanti, sebbene non può pretendere di far fuori chi continuerà a perseguire a discapito degli altri i propri ideali.

Da qui l’appello che mi sento di lanciare (un eticista può fare questo oltre che argomentare, poi spetta allo Stato prendere una decisione politica per rendere obbligatorio il vaccino): parliamo con i ponderati (i non fanatici), perché è con loro che si può tentare di argomentare, distinguendo questi, che sono magari propensi a ragionare chiaramente, dai fanatici (i non ponderati) nei confronti dei quali la logica non ha alcuna presa. Di fronte alla impossibilità di far fuori i fanatici, il ragionamento morale che qui ho solo accennato non perde di importanza, al contrario svolge una continua opera di distinzione per non confondere, chiarire, individuare i fatti dalle valutazioni, i principi dalle argomentazioni.

Pietro Cognato

Vicepresidente Istituto di Studi Bioetici "S. Privitera"
Direttore Responsabile Rivista Bio-ethos
Docente di Teologia Morale e Bioetica - Pontificia Facoltà Teologica "San Giovanni Evangelista"

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